Salire su un aereo, tutti assieme, e partire per una vacanza in un posto esotico, lontano. In Thailandia, a Singapore oppure ancora più lontano, magari in Giappone.
E’ bellissimo andare in giro per il mondo con un bimbo, meravigliarsi della sua meraviglia e giocare a chi è più curioso, ma non sempre tutto gira come vorremmo. Le variabili in gioco sono tantissime, sia dal punto di vista soggettivo sia da quello oggettivo. Per portare a casa il risultato però, spesso e volentieri, sono sufficienti un pizzico di buonsenso e una mezzachilata di pazienza. Ingredienti che, da Genitori, tutti abbiamo imparato ad usare sapientemente.
Tornando quindi al viaggio, inteso come spostamento tra due punti, sembra giusto parlare anche di cosa succede subito dopo l’atterraggio.
Già, a volte si arriva più o meno dall’altra parte del mondo. Otto, nove, a volte dieci ore avanti (o indietro) rispetto al “nostro orario”, quello dell’orologio biologico, e in più con la stanchezza di chi ha dormito poco, scomodamente. Non appena si lasciano le copertine sui sedili e ci si incammina verso il terminal andiamo incontro a due cose, entrambe noiose: la fila per il controllo passaporti e la sindrome da Jet Lag, tutte e due da affrontare coi nostri piccoli al seguito. La prima sembra interminabile, in realtà finisce alla svelta con un bel timbro sul passaporto e la vacanza che può finalmente iniziare.
Il Jet Lag è tutt’altra cosa, più subdola, non è grave ma può appannare i primi giorni di viaggio. In fin dei conti ci si sente -solo- sfasati, ma quando si parla di sfasamento dei ritmi in un bimbo, soprattutto se questo bimbo è nostro figlio, è inutile dirlo, ci si preoccupa.
La prima volta che ci siamo dovuti scontrare con questo “fastidio” Tommaso aveva poco più di un anno e la vacanza era a Tokyo. Due settimane di primavera nella città dei contrasti. Nella metropoli degli estremi. Siamo partiti senza immaginare quanto (e come) il Jet Lag avrebbe influito sul nostro quotidiano. Le passate esperienze (ovviamente pre-Tommaso) si erano risolte in poco più di mezza giornata, un giorno al massimo e poi via. Sostenuti dalla curiosità per i posti nuovi e dalla necessità di mantenere la “tabella di marcia”.
Fare a meno delle tabelle di marcia
Meno male che, almeno per quella volta, non avevamo previsto nessuno spostamento. Quantomeno nei primi giorni. Senza sapere a cosa saremmo andati incontro, avevamo pensato “solo” a un lungo soggiorno a Tokyo. L’idea di vivere con calma ed esplorare una città nuova senza la necessità di strafare e senza must see da visitare per forza, aveva guidato fin dall’inizio la preparazione del viaggio.
Siamo partiti con una lista di posti che ci sarebbe piaciuto vedere e di cose che ci sarebbe piaciuto fare se solo fosse stato possibile, se non avesse piovuto, se non avesse fatto troppo caldo (o troppo freddo) oppure se avessimo trovato dove fermarci per la pappa, per la cacca, per la nanna. Il fatto di non avere nessun programma pre-impostato ha facilitato -di molto- la gestione dei primi giorni durante i quali Tommaso, senza sofferenza apparente, aveva (più o meno) mantenuto l’orario italiano, confondendo, a grandi linee, il giorno con la notte. Noi gli siamo andati dietro.
Il sonno vero e proprio arrivava verso le 05:00 del mattino e fino alle 13:00 restava profondo, pesante. Per un paio di giorni abbiamo fatto colazione all’ora di pranzo e pranzato all’ora di cena. In definitiva abbiamo potuto tirare tardi e conoscere alcuni aspetti della “Tokyo by night”, per contro abbiamo dovuto passare le prime mattine in hotel. Vacanza rovinata? Ci vuole ben altro!
Riprogrammare l’orologio
Alcuni consigliano di iniziare, nei giorni precedenti la partenza, a riprogrammare “l’orologio biologico” (dell’intera famiglia) anticipando o ritardando il momento della nanna, poi una volta arrivati a destinazione forzare l’adattamento ai nuovi ritmi. E’ tutto vero. Salvo poi ammettere che ogni bimbo è diverso, che ogni adulto è diverso e quindi anche Mamma e Papà possono reagire in maniera differente al cambiamento di fuso orario.
Inutile dire che in un modo o nell’altro, assecondando o forzando, sfruttando la chimica o affidandosi alla buona sorte i primi giorni di vacanza potrebbero essere un po’ matti. Meglio prenderla con tranquillità e se proprio non si riesce nemmeno a partire senza una tabella di marcia: Facciamola leggera!
I bimbi non dormono a comando
Un adulto può anche provare a dormire senza aver sonno. Noi, possiamo anche tener duro e rimanere svegli, se serve ad agganciare un nuovo ritmo. Magari ci sentiamo stanchi ma se proprio dobbiamo… I bimbi NO. Quando si svegliano vogliono alzarsi e giocare, anche in piena notte. Finché non hanno sonno puoi leggergli una biblioteca intera di fiabe ma di dormire non se ne parla. Quando hanno sonno, poi, anche in pieno giorno chiudono gli occhi e guai a svegliarli. Alcuni urlano, altri sono piagnucolosi, nervosi, fondamentalmente arrabbiati col mondo intero.
Fatti due calcoli, la strategia di NON forzare l’adattamento al nuovo orario non è poi così bislacca. Non ne avremo mai la riprova, ma se avessimo tentato (come da manuale) ad anticipare la nanna nei giorni precedenti la partenza, probabilmente saremmo arrivati già un po’ “nervosetti” in aeroporto.
I giorni del pre-partenza, infatti, rischiano di essere quelli più indaffarati. Il bagaglio da chiudere, e prima ancora da “impostare”. Il check-in online, la stampa delle carte d’imbarco, i farmaci da ricontrollare.
-“allora iniziamo ‘sta sera a mandarlo a letto alle 19.30? così si abitua al fuso”
– “Uhm, va bene… ma… controlli tu l’assicurazione?”
-“Già fatto. Ma non trovo la conferma dell’hotel…”
–“quasi quasi porto anche il costume a fiori, cosa ne dici?
Il profumino che arriva dai fornelli annuncia l’ora di cena. Troppo tardi per tutto ormai. Tommaso non andrà a letto subito dopo la frutta e i bagagli verranno chiusi ugualmente. I farmaci saranno l’unica cosa NON dimenticata. Figuriamoci se ci fossimo messi a spostare le lancette ancora prima del decollo cercando di conciliare il nuovo family time con gli orari (invariati) di scuola e lavoro.
Da quella prima volta abbiamo pensato che per non soffrire il Jet Lag l’unica strategia veramente efficace sarebbe starsene a casa. Ma non ce la siamo sentita. Così come non ce la siamo sentita di affidarci alla chimica.
La melatonina del farmacista
Le occasioni per somministrare farmaci sono veramente molte. Abbiamo vaccinato Tommaso (ne siamo orgogliosi!) proprio per non vederlo ammalarsi, per non dovergli dare altre medicine. Come tutti abbiamo l’armadietto in bagno zeppo di anti-questo e anti-quello e li usiamo quando serve. Solo quando serve: per guarire da un malanno, per tornare in piedi dopo una caduta. Ce li portiamo anche in valigia casomai dovessero servire.
La sindrome da Jet Lag però non è una malattia da curare. Certo è fastidiosa. E’ brutto sentirsi intontiti e immaginare che anche il piccolo ne risenta, ma usare dei farmaci per passare meglio i primi giorni di vacanza ci sembrava -e ci sembra tuttora- troppo. Va detto che farmaci o integratori (l’uno o l’altro a seconda del dosaggio) a base di Melatonina NON sono pericolosi e hanno pochissime controindicazioni proprio perché quest’ultima è un ormone prodotto dal nostro corpo.
La melatonina del farmacista è comoda e subito disponibile rispetto a quella prodotta dal nostro corpo. Una ghiandola del nostro cervello la secerne quando stiamo al buio, per aiutarci a dormire. Smette di produrla quando siamo esposti alla luce per tenerci svegli. Il ritmo sonno-veglia (in quasi tutti gli esseri viventi) viene regolato sulla base dell’alternarsi della luce e del buio, grazie alla secrezione di questo ormone.
La melatonina del nostro corpo
Le prime due notti sono state le peggiori in assoluto perché Tommaso proprio non ne voleva sapere di dormire. Voleva giocare, era euforico, attivo, irrimediabilmente sveglio. Noi ci siamo dati il cambio per assecondarlo rimanendo però al buio, chissà mai l’equazione buio=melatonina fosse vera!
E così abbiamo deciso di non tirare le tende e lasciare che la luce del mattino illuminasse la camera durante il sonno del PSN (Piccolo Samurai Nottambulo) confidando, anche qui, nella regola luce sì-melatonina no.
Non abbiamo fatto altro che mettere in pratica i consigli della Pediatra. Dal terzo giorno in poi tutto è andato in discesa e Tokyo resta e resterà nei nostri ricordi come la città al contrario.