L’ISOLA
Il Ferry spegne i motori a un centinaio di metri dalla riva e i passeggeri trasbordano su una barchetta a piccoli gruppi di dieci, quindici. A Koh Lipe non c’è l’aeroporto e non c’è nemmeno un molo per i traghetti. In effetti arrivarci fa molto avventura: Si sbarca direttamente sulla spiaggia, con un saltino, come facevano i pirati duecento anni fa.
Quella che per molto tempo è rimasta un selvaggio paradiso tropicale ora rischia di diventare uno spot sugli effetti negativi del turismo di massa, anch’esso selvaggio. Nel mezzo dell’isola i cantieri rudimentali di nuovi cafè e altre guesthouse annunciano che il futuro, se non controllato, potrebbe tingersi di una bella tonalità di grigio. Grigio cemento.
L’isola, nonostante tutto questo fermento, è ancora meravigliosa, due lunghe spiagge a circondare il fitto della giungla e tutto attorno un mare cristallino, invitante, abitato da pesciolini coloratissimi. Una piccola magia, di quelle che si ricordano a distanza di anni per il verde trasparente del mare e per il bianco, morbido, della sabbia. Colori e sensazioni difficili da dimenticare anche per il suo apparire remota, diversa rispetto ad altre isole thailandesi. Da qui si salpa, sulla stessa barchina dell’arrivo, verso le isole vicine. Perlopiù disabitate, altrettanto meravigliose in grado di stuzzicare il Robinson Crusoe che abbiamo in noi.

LA SPIAGGIA
Pattaya beach non è solo un punto di approdo (e posto di frontiera per chi arriva dalla Malesia). E’ il vero e proprio “centro” del villaggio. Qui arriva, e da qui riparte, la “walking street” -quasi- l’unica strada asfaltata di Koh Lipe, la via dello struscio, dei ristoranti, dei banana pancake. Dei negozi di massaggi, annunciati dal massaaaaaage nemmeno troppo sussurrato delle ragazze accovacciate fuori.

La spiaggia si allarga tra il verde trasparente del mare e quello brillante delle palme. Ci sono i bimbi che si rincorrono e c’è chi passeggia mano nella mano. E’ ampia, lunga, bianchissima e guarda verso un’acqua stralimpida nonostante le tante longtail boat parcheggiate. Una volta si sarebbe detto “caratteristiche” ora invece sono “iconiche”, hanno il profilo affusolato, la prua inconfondibile e l’elica montata in fondo ad una lunga asta, che sembra una coda. Il nome thailandese è impronunciabile ma la sua traduzione dall’inglese rende bene l’idea: barca “codalunga”. Amate e odiate. Fotogeniche ma soprattutto pronte a portarti ovunque. Sono il corrispettivo acquatico del tuk-tuk e come i tuk-tuk sono onnipresenti. Fanno parte del paesaggio sulle spiagge di Koh Lipe (e di tutta la Thailandia).

Poi c’è Sunrise beach, altrettanto bianca e altrettanto lunga. Molto più scenografica anche se con l’alta marea tende a restringersi fin troppo. Nel confronto con Pattaya, però, riesce a perdere. Ai punti. Quel punticino perso per sembrare meno genuina, più un posto per abbronzarsi tranquillamente anziché sedersi e curiosare in un andirivieni fragrante di Pad Thai e Chicken Satay.
Sulla nostra pagina flickr qualche immagine in più…